La Milano di Assassinio alla Scala è una città molto lontana dagli stereotipi della Fashion Week e dei grattacieli. Ma chi ha memoria ricorda che la metropoli, nei decenni del Dopoguerra, aveva anche un’anima feroce: era l’epoca delle grandi bande e dei colpi leggendari, tra i quali ad esempio la rapina di via Osoppo.
Dimentichiamo il caldo. Sono appena passate le 9.30 del 27 febbraio 1958. Fa un freddo maledetto, e la banda si sta innervosendo. Guardano le persone passeggiare in via Caccialepori e fumano una sigaretta dietro l’altra a bordo di quattro auto rubate. E se qualcosa va storto? Non doveva già essere arrivato? Poi il segnale. Si va in scena.
Il freddo lo sentono anche i commessi che guidano il furgone portavalori della Banca Popolare di Milano. Si sfregano le mani a ogni semaforo, e chiacchierano con la guardia giurata seduta dietro. Stanno andando in via Rubens, il solito carico-scarico senza importanza.
Il guidatore guarda a sinistra, poi a destra, e svolta in via Osoppo, annoiato.
All’improvviso accade.
Una Fiat 1400 marrone nell’altra corsia sembra sbandare, supera lo spartitraffico e si schianta davanti al furgone, che inchioda. Ha un attimo di esitazione: Cosa sta succedendo? Si è fatto male qualcuno?
È un attimo di troppo. Prima che possa capire cosa sta per succedere, un camion OM colpisce a tutta velocità il portavalori come un ariete. In pochi secondi, il furgone è circondato e i passeggeri tenuti sotto tiro. Prima che la gente abbia il tempo di comporre il 777, le dieci cassette sono a bordo delle atre due vetture dei banditi.
Così avvenne quella che il Corriere della Sera chiamò «la più sensazionale rapina che mai la cronaca milanese abbia registrato».
Bottino: 580 milioni di lire, quasi 8 milioni di € di oggi.
Feriti: 0
Il colpo perfetto? Purtroppo per i criminali no: come in una puntata di CSI, un piccolo dettaglio li aveva traditi. L’etichetta delle tute blu che avevano usato durante il colpo. I banditi avevano le ore contate.